Iniziative e corsi
Oltre ad offrire servizi di coaching individuale, Maieutikè organizza percorsi di formazione sia personalizzati che a catalogo.
Per informazioni su date e costi scrivete a: info@maieutike.eu
Le relazioni pericolose
Corso teorico-pratico per gestire al meglio i rapporti interpersonali nella vita e sul lavoro
Il corso si articola in cinque incontri da due ore e si concentra sul potenziamento delle abilità comunicative dei partecipanti, fornendo contemporaneamente un’utile cassetta degli attrezzi per riconoscere e neutralizzare le relazioni disfunzionali.
Potete trovare maggiori informazioni sul nostro Maieuti-Blog o a questo indirizzo: Le relazioni pericolose – Maieutikè & AC2
Vivere per raccontarla
Corso di scrittura con esperienze di role play e coaching letterario
Il corso Vivere per raccontarla spicca nel panorama dell’offerta formativa per il suo esclusivo valore aggiunto. I partecipanti riceveranno, infatti, non solo robuste basi teoriche, necessarie a cimentarsi consapevolmente nell’arte della scrittura, ma potranno entrare nel vivo dell’azione arrivando a comporre una propria opera. Il corso sarà supportato da un coach professionista, un vero e proprio “preparatore letterario” che aiuterà i partecipanti ad entrare in contatto con le proprie emozioni e con le dinamiche relazionali più diffuse, mettendoli in grado di gestirle in modo appropriato, sì da rendere più verosimili gli elaborati. Sono previste anche lezioni sulle tecniche di sblocco della creatività e potenziamento delle capacità personali. La prima parte del corso si concentra sugli aspetti teorico-pratici, la seconda sarà finalizzata alla creazione di un proprio racconto.
Un’altra peculiarità del corso è la collaborazione con l’agenzia letteraria AC2 che consentirà ai docenti di segnalare i partecipanti più promettenti.
Qui di seguito potete trovare maggiori informazioni: Vivere per raccontarla – Maieutikè & AC2
Migliorare le relazioni:
gestione delle emozioni e assertività
Essere assertivi significa poter raggiungere i propri obiettivi senza dover subire o imporre limitazioni e frustrazioni alle persone che si relazionano con noi o, addirittura, a noi stessi.
L’uomo è principalmente un essere sociale, vive dunque la necessità fisiologica di porsi in relazione con altri esseri umani. A questo fine è stato creato il linguaggio che, come tutti i costrutti di tipo formale, è necessariamente incompleto e spesso limita e vincola idee, pensieri ed emozioni all’interno di “scatole” troppo strette. Ma esistono altre forme di linguaggio di cui siamo in genere poco coscienti: il nostro corpo ad esempio parla di noi e dei nostri pensieri, spesso in contraddizione con le nostre parole.
Saper parlare e sapersi muovere in modo appropriato non è però sufficiente ad esprimere i propri bisogni in modo completo e le emozioni finiscono inevitabilmente per essere relegate in un ruolo secondario, come se fossero una parte di noi che ci indebolisce e come tale deve essere nascosta. Ma le emozioni non possono essere represse e influenzano dalle retrovie i nostri comportamenti, causando atteggiamenti passivi, aggressivi o una combinazione dei due.
L’assertività rappresenta la “terza via”, la modalità espressiva più funzionale e rispettosa dei nostri bisogni e di quelli altrui.
Lo scopo di questo ciclo di incontri è quello di prendere coscienza delle nostre modalità espressive (verbali e fisiche) e di quelle dei nostri interlocutori, di capire quali pensieri ed emozioni le influenzano, di arrivare ad usare le emozioni in modo costruttivo, trovando una nostra, personale formula di assertività.
Durata: Tre incontri da 3 ore l’uno
N. partecipanti: minimo 8, massimo 12.
Replicabile bimestralmente
Empatia e intelligenza emotiva in famiglia
Il concetto di intelligenza emotiva è stato introdotto da Daniel Goleman alla fine degli anni ’90 e si contrappone alla pratica diffusa di misurazione delle capacità cognitive umane attraverso algoritmi matematici quali, ad esempio il QI. L’intelligenza emotiva permette di spiegare il successo di persone non dotate di spiccate capacità logico-matematiche, ma caratterizzate da forti potenzialità emotive e di un carisma trascinatore.
Esistono persone in grado di attingere in modo naturale a questo tipo d’intelligenza, ma in generale si tratta di un’abilità poco diffusa, pressati come siamo dalle continue richieste di performance misurabile provenienti dal mondo esterno. Ci viene richiesto di essere bravi genitori, laddove “bravi” viene inteso come “in grado di far eseguire ai nostri figli i compiti richiesti, nei tempi previsti, seguendo le regole condivise”. Il risultato di questa attività può essere misurato con i voti a scuola o con la valutazione positiva di insegnanti, amici e parenti.
La società ci richiede anche di essere dei bravi coniugi, laddove “bravo” viene generalmente inteso come “in grado di provvedere economicamente alla famiglia, affidabile, onesto”. Lo stesso dicasi per i nostri figli che dovranno essere ubbidienti, sapersi comportare e parlare in modo appropriato, avere successo negli studi, nello sport, etc.
Tutte queste richieste sono legittime e condivisibili, ma rispondono unicamente all’esigenza di poter misurare, confrontare, valutare le nostre performance. Rischiano di restare escluse in questa impostazione altre esigenze imprescindibili dell’essere umano: le emozioni, la soddisfazione dei propri bisogni profondi, la creatività.
Riuscire ad attingere alle risorse della nostra intelligenza emotiva può portare a una vita più completa e ricca di soddisfazioni, una vita in cui conta più l’essere che il dover essere o il dover apparire, una vita in cui le relazioni familiari non sono inquinate da sensi di inadeguatezza, invidia, rigidità e necessità di adeguarsi a modelli spesse volte ideali e quindi irraggiungibili. Quante volte abbiamo sgridato i nostri figli per un brutto voto senza preoccuparci delle motivazioni profonde che hanno originato quell’evento? Quante volte abbiamo litigato con il nostro partner perché, invece di ascoltare e condividere le sue emozioni, siamo rimasti nella posizione di chi sa come andrebbero fatte le cose?
Lo scopo di questo ciclo di incontri è quello di riuscire a sbloccare le nostre risorse emotive ed empatiche attraverso uno strumento semplice, ma che richiede un notevole allenamento: la sospensione del giudizio.
Durata: Tre incontri da 3 ore l’uno
N. partecipanti: minimo 8, massimo 12.
Replicabile bimestralmente
Empatia e intelligenza emotiva sul lavoro
Il concetto di intelligenza emotiva è stato introdotto da Daniel Goleman alla fine degli anni ’90 e si contrappone alla pratica diffusa di misurazione delle capacità cognitive umane attraverso algoritmi matematici quali, ad esempio il QI. L’intelligenza emotiva permette di spiegare il successo di persone non dotate di spiccate capacità logico-matematiche, ma caratterizzate da forti potenzialità emotive e di un carisma trascinatore.
Esistono persone in grado di attingere in modo naturale a questo tipo d’intelligenza, ma in generale si tratta di un’abilità poco diffusa, pressati come siamo dalle continue richieste di performance misurabile provenienti dal mondo esterno. Ci viene richiesto di essere bravi lavoratori, laddove “bravi” viene inteso come “in grado di eseguire i nostri compiti in modo rapido, efficiente, economico”. Il risultato di questa attività può essere misurato con schede di valutazione, indicatori di performance e di produttività.
La società ci richiede anche di essere dei bravi colleghi, laddove “bravo” viene generalmente inteso come “disponibile, attivo, rispettoso della gerarchia, capace di sopportare forti stress e tempistiche serrate”.
Tutte queste richieste sono legittime e condivisibili, ma rispondono unicamente all’esigenza di poter misurare, confrontare, valutare le nostre performance. Rischiano di restare escluse in questa impostazione altre esigenze imprescindibili dell’essere umano: le emozioni, la soddisfazione dei propri bisogni profondi, la creatività.
Riuscire ad attingere alle risorse della nostra intelligenza emotiva può portare a una vita lavorativa più completa e ricca di soddisfazioni, una vita in cui conta più la persona che il lavoratore matricola XYZ, una vita in cui le relazioni con i colleghi non sono inquinate da sensi di inadeguatezza, invidia, rigidità e necessità di adeguarsi a modelli spesse volte ideali e quindi irraggiungibili. Quante volte abbiamo litigato con i nostri collaboratori, convinti di aver subito un torto e non ci siamo preoccupati di verificare cosa fosse realmente successo? Quante volte ci siamo trovati in totale disaccordo con i nostri superiori senza riuscire a parlargliene, a verificare il loro disagio, a proporre delle alternative in modo non aggressivo?
Lo scopo di questo ciclo di incontri è quello di riuscire a sbloccare le nostre risorse emotive ed empatiche attraverso uno strumento semplice, ma che richiede un notevole allenamento: la sospensione del giudizio.
Durata: Tre incontri da 3 ore l’uno
N. partecipanti: minimo 8, massimo 12.
Replicabile bimestralmente
La gestione della relazione genitori-figli
Ognuno di noi è stato figlio o ha avuto una figura genitoriale di riferimento, molti di noi sono oggi dei genitori ed entrano in relazione con i propri figli attraverso modelli e schemi di comportamento appresi nel corso dell’infanzia. Il rapporto genitori-figli è necessariamente un rapporto complesso e ricco di possibili tensioni. Contano innanzitutto il divario intergenerazionale, la differenza di età e di esperienza, i mutamenti sociali e tecnologici, il gioco dei ruoli.
Lo psicologo americano Eric Berne ci insegna che in ognuno di noi albergano tre distinti stati dell’Io che si alternano sul palcoscenico del nostro agire quotidiano: il genitore, l’adulto e il bambino. Nei primi anni di vita dei nostri figli, il nostro stato “genitore” è determinante per la loro sopravvivenza. Ma non appena il bambino inizia a manifestare i primi segni di autonomia, il “genitore” dovrebbe progressivamente lasciare uno spazio maggiore all’”adulto”. Questo succedersi di personaggi avviene di rado e rappresenta una delle più importanti fonti di problematiche relazionali fra genitori e figli. Non è l’unica però, in gioco entrano anche aspettative, frustrazioni, insicurezze, bisogno di riscatto o rivincita, etc.
In questo turbinio di ruoli, bisogni e pensieri, il risultato comune è spesso una frattura nella comunicazione. Genitori e figli iniziano ad avvertire distanza, incomprensione, incompatibilità e, invece di verificare la concretezza di questi pensieri, finiscono per chiudersi “al sicuro” nella torre delle proprie convinzioni su ciò che è giusto e ciò che non lo è, su ciò che va fatto e ciò che va assolutamente evitato.
Questo ciclo di incontri, destinato sia ai genitori che ai figli, aiuta a sciogliere i nodi alla comunicazione, aiuta a comprendersi meglio reciprocamente e ad imparare ad accogliere più che a giudicare.
Durata: Tre incontri da 3 ore l’uno
N. partecipanti: minimo 8, massimo 12.
Replicabile bimestralmente
Gestire l’aula: problematiche caratteriali, casi sociali, iperattività, deficit d’attenzione
La scuola oggi presenta problematiche un tempo sconosciute o marginali: classi sovraffollate, interculturalità e variabilità nei livelli di preparazione, casi definiti sociali, bambini diversamente abili e bambini con difficoltà di attenzione e/o incontinenza motoria.
Le cause sono molteplici e in buona parte oltre le possibilità di controllo da parte del singolo genitore o insegnante. Avere uno studente che presenta una o più di queste caratteristiche è normalmente vissuto come una fonte di notevole stress e di molteplici altre sensazioni negative. Il contesto della scuola odierna è dunque fonte di numerosi pensieri ansiogeni: “Cosa faccio se il bullo della classe minaccia o commette violenze?”, “Come posso rispettare i programmi se un terzo della classe fatica a capire l’italiano?”, “Come mi comporto se il mio alunno disabile ha bisogno di assistenza fisica o psicologica durante la lezione?”. La necessità di dover gestire una variegata gamma di problematiche, spesso senza averne i mezzi o la preparazione specifica, sposta perciò l’attenzione dell’insegnante dai contenuti della propria professione verso qualcosa di ignoto e spaventoso, ne deriva un senso di frustrazione e inadeguatezza che porta progressivamente a perdere il contatto con le proprie risorse consolidate, a rinunciare alla possibilità di svilupparne di nuove, a perdere la motivazione e la capacità di ricavare soddisfazioni dal proprio lavoro.
Lo scopo di questo ciclo di incontri è innanzitutto quello di riportare il fuoco dell’attenzione sull’insegnante e sulle sue problematiche, in secondo luogo quello di dotare i partecipanti degli strumenti necessari a padroneggiare la situazione e a gestirne il carico emotivo. Cambiare l’ottica con la quale si valutano le situazioni per poter rivivere la soddisfazione nella professione e, nel contempo, massimizzare l’aiuto destinato ai ragazzi.
Durata: Tre incontri da 3 ore l’uno
N. partecipanti: minimo 8, massimo 12.
Replicabile bimestralmente